Già, l'immagine baudelairiana del titolo rende perfettamente l'idea di una me assai incapace di sfruttare al meglio quei pochi istanti di "nullanza" che per caso, di tanto in tanto, riceve in dono dal fato. Un magro regalo di consolazione per tutto il disastro in cui si riassume la mia persona. Anzi, qualcuno direbbe che di quei magnifici istanti di niente e di nessuno me ne hanno permessi pure troppi, e forse hanno ragione. Vorrei pensarla anch'io così, incolpare una mistificata divinità nell'alto universo dell'essere alla mercè della solitudine, a negoziare di salute mentale con i miei libri, con i succhi di frutta, i drama orientali, con il pc, con focus T25, ma in pratica assolutamente sola. Non è il primo periodo del genere e, lo so, neppure sarà l'ultimo. La cosa buffa è che vorrei lamentarmi, ma non ci riesco, non come si lamenterebbe un morto di fame di un quintale di cibo immacolato buttato nella spazzatura. La condizione di ragazza abbandonata perchè in conflitto con i poteri dominanti (amiche folli che prima ti considerano la sorella che non hanno mai avuto, poi trascorrono mesi interi senza provare il bisogno di inviarti un sms; maniaci/finti letterati che vorrebbero costringerti ad adorare il frutto del loro superfluo stare al mondo, che chiamano "articolo di letteratura"; programmi universitari infiniti, con tanto di classici introvabili; l'agognata forma fisica eccellente che ti sorride maligna da lontano mentre addenti la pizza di Napoli, che è troppo buona; e - potere tra i poteri - il mistero dell'amore che non vuole affato rivelarsi, che ti tiene in disparte, così puoi solo immaginare come potrebbe essere) mi si confà. Vi lascio con questa impegnativa citazione di Giordano Bruno, cercate di farla vostra perchè vi salverà un milione di volte: